“Cerere” è il titolo dell’opera che racconta un consapevole utilizzo dei doni della natura e
della sua ricchezza e della possibilità di generare un cambiamento nelle sue forme
osservandone il risultato in continuo mutamento. Partendo da un elemento simbolico e
concettuale quale la terra, a cui si aggiunge acqua e erba di campo secca, si crea un
impasto che prende forma e nuovo significato nell’opera che ricorda il “pane cibarius 1 ”
l’alimento che comunemente associamo alla quotidianità, allo sfamare e alla famiglia. Il
titolo dell’opera vuole omaggiare non solo Cerere, la divinità romana materna della terra e
della fertilità, nume tutelare dei raccolti, dea della nascita, poiché tutti i fiori, frutti e gli
esseri viventi erano ritenuti suoi doni, tant’è che si pensava che avesse insegnato agli
uomini la coltivazione dei campi, ma anche la fiorente civiltà dell’insediamento Fragellae e
le fertili terre del Basso Lazio nella quale umili lavoratori hanno trovato ristoro.

