Raffaele Vitto: materie e spazi nella/(della) natura e nell’ambiente
I lavori di Raffaele Vitto si inseriscono nella consolidata ricerca artistica dell’Art in Nature, che è anche il titolo che il critico Vittorio Fagone diede alla ricognizione di tale forma d’arte in territorio europeo a metà degli anni Novanta del Novecento. La relazione degli artisti, in particolare nordeuropei, con l’ambiente – cui ben presto si allinearono pure tante iniziative italiane (la più nota Arte Sella dal 2002) – ha avuto un successo continuativo e per il suo contenuto etico affascina anche le giovani generazioni.
Dalla terra del 2017, presentata alla Sala Murat di Bari, è l’opera di Vitto che unisce le sue due anime: la ricerca della forma plastica, tipica di chi – fra le arti visive – pratica la scultura, e l’utilizzo dei materiali naturali, in questo caso la terra e i sarmenti delle viti. Infatti la terra, l’originaria madre-materia, nelle mani dell’artista diviene un materiale cui dare una forma razionale non presente in natura. Allo stesso filone si può assimilare l’opera Senza titolo (selezionata per il Premio Nazionale delle Arti, Palazzo Ducale, Urbino, 2017), in cui diviene predominante il legno, quello piallato che imbriglia quello originario dei rami.
Già da dal 2016 l’interesse dell’artista si è relazionato con lo spazio tout court e ciò si manifesta in una serie di installazioni site specific (si vedano Bastione e Sfera,installati nello spazio antistante il castello angioino di Mola di Bari per la collettiva dell’Accademia di Belle Arti di Bari Castello interno-esterno); se in esse l’artista fa il verso alle volumetrie dello storico monumento, al tempo stesso ne fornisce una lettura spiazzante, poiché adopera materiali del quotidiano, in questo caso i tubi per l’irrigazione che fanno parte del proprio vissuto a contatto con il lavoro agricolo di famiglia.
Con il lavoro Movimento terra, realizzato per la VI Edizione di Apulia Land Art nel 2018, la volontà di inserirsi nella natura stessa in qualità di artista diventa ancora più prepotente: allo scalpello si sostituisce la zappa, che traccia e compatta blocchi di terra, ma tutta l’operazione – nel positivo e nel negativo delle forme – è destinata a fluire nell’ancestrale forza degli elementi, nel rapido scorrere delle stagioni. Ma l’artista, come il mitico Sisifo, non potrà che continuare a inventare forme nuove per “rendere visibile” ciò che era celato fino a quel momento, come diceva Paul Klee.
Nel 2018 la partecipazione ad Humus (un progetto di Art in Nature in agro di Mola di Bari, a cura dell’Accademia di Belle Arti di Bari) con l’opera In-controllo è la conferma che la terra è il luogo di esercizio privilegiato su cui si concentra la riflessione del giovane artista, il quale accetta la sfida dell’irreversibile trasformazione dell’elemento naturale nel tempo e nello spazio.
Il legame antropologico con il territorio si manifesta in modo ancora più esplicito con la partecipazione nel 2019 alla collettiva Nature Materielle alla galleria Cattedrale di Conversano, con Eredità, opera in cui la zappa degli avi si cristallizza in bronzo e la terra si geometrizza in un parallelepipedo, memoria di analoghe incursioni nell’elemento del pugliese Pino Pascali (1 mc di terra, 2 mc di terra del 1967).
Con 400 Passi di terra per la collettiva Terrigenum alla Fondazione Sassi (per Matera 2019 Capitale della Cultura), un’ampia affascinante scacchiera di mattonelle di terra cruda conquista l’ambiente costruito dall’uomo, in un equilibrio volutamente precario fra la cultura e la natura.
La cifra stilistica dell’artista è pensare in grande, senza timori reverenziali nei confronti dello spazio aperto, e lo testimonia in Ostacoli Umani con cui, nel 2019, partecipa al secondo Tavolo Territoriale del progetto Land Art 50, alla Fondazione Casa Rossa di Alberobello: 600 mq di suolo vengono occupati da pali di cemento e fili di ferro; quest’ultimo lavoro connota ancora di più il fondamento etico della proposta di Vitto, il quale con esso trascende la dimensione della memoria personale per quella collettiva.
In crescendo, poi, negli ultimi mesi la sua produzione si confronta con il panorama internazionale e nazionale più qualificato, anche grazie alle residenze artistiche: l’opera Sete del 2020 lo vede nella collezione permanente della National Gallery di Tirana e con 3 quintali di pane del 2021 realizza un’opera site specific per la Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro di Bologna. I due lavori citati segnano il passaggio dal personale e dal collettivo all’universale, perché rispondono all’esigenza di pensiero inderogabile di cui l’artista si fa carico di nutrire il pianeta. Con un giro di parole si può dire che Vitto, partito dalla terra degli avi, sia approdato alla Terra degli esseri umani.
Giusy Petruzzelli
Docente di Storia dell’arte
dell’Accademia di Belle Arti di Bari